Uniti contro l'AIDS

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Uniti contro l'AIDS
Le strategie di prevenzione costituiscono un articolato sistema di interventi offerti alla popolazione generale e a gruppi vulnerabili al fine di evitare o di ridurre il rischio di insorgenza di malattie e consentire il trattamento adeguato di uno stato patologico già in atto.
In Italia, periodicamente il Ministero della Salute individua con il Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) le aree principali di intervento e le azioni necessarie per tutelare la salute pubblica. 
La Prevenzione delle Malattie infettive prioritarie costituisce pertanto uno dei macro-obiettivi del Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, adottato il 6 agosto 2020 con Intesa in Conferenza Stato-Regioni. Tale Piano costituisce lo strumento fondamentale di pianificazione centrale degli interventi di prevenzione e promozione della salute sul territorio volti a garantire sia la salute individuale e collettiva sia la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale.

Condoms Uniti contro l'AIDSTra le strategie fondamentali per la prevenzione delle malattie trasmissibili, implementate nel PNP 2020-2025 risultano:
  • il rafforzamento e miglioramento delle attività di sorveglianza, attraverso integrazione e coordinamento tra le competenze epidemiologiche e quelle di laboratorio, finalizzate non solo a quantificare il carico delle malattie infettive, ma anche al riconoscimento dei determinanti e dei rischi e alla valutazione dell’impatto degli interventi di prevenzione;
  • le attività di sorveglianza dovranno essere improntate alla continuità e regolarità delle rilevazioni, alla semplicità e unitarietà dei sistemi informativi e alimentate da tutte le possibili fonti informative, consentendo l’uso epidemiologico delle informazioni cliniche. L’integrazione e il coordinamento tra le diverse capacità di sorveglianza (epi e lab), nonché tra i differenti ambiti (umano, veterinario e ambientale) risulterà cruciale, in particolare per la sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza e all’antimicrobico resistenza (AMR), sulla conoscenza dei cui determinanti si hanno ancora numerose lacune;
  • l’organizzazione per le emergenze infettive, sviluppando sia azioni di prevenzione (mirate alla riduzione dei rischi), sia interventi di preparazione, redigendo procedure, piani e protocolli per la gestione delle principali tipologie di emergenza di sanita pubblica;
  • il rafforzamento e miglioramento del monitoraggio delle coperture vaccinali mediante il completamento delle anagrafi vaccinali informatizzate a livello locale/regionale, interoperabili con quella nazionale;
  • il consolidamento degli interventi di prevenzione, individuati in base alla loro efficacia di campo e offerti in modo tempestivo e omogeneo alla popolazione.;
  • la formazione degli operatori sanitari e la comunicazione rivolta alla popolazione che garantisca accessibilità, accuratezza, coerenza e semplicità dei contenuti, e assicuri dialogo e scambio delle conoscenze;
  • il coordinamento e l’integrazione funzionale tra i diversi livelli istituzionali e le varie competenze territoriali nella attuazione degli interventi di prevenzione, nella raccolta e nel periodico ritorno delle informazioni, nel sistematico monitoraggio della qualità e dell’impatto delle azioni poste in essere.
Questi interventi sono essenziali a ridurre la diffusione delle Infezioni Sessualmente Trasmesse, inclusa l’infezione da HIV, le quali continuano a rappresentare, anche nel ventunesimo secolo, un problema prioritario di Sanità Pubblica, particolarmente a carico delle fasce più deboli della popolazione quali giovani, donne e migranti.  In tale contesto, le strategie di prevenzione, particolarmente attraverso adeguati canali di comunicazione in grado di raggiungere efficacemente queste fasce di popolazione, si propongono di favorire lo stato di benessere e salute sia alla singola persona, sia alla collettività in cui essa è inserita.
Nello specifico, l’infezione da HIV risente a tutt’oggi di ampie implicazioni sociali, psicologiche e culturali, che ne condizionano lo screening e la gestione terapeutica, limitando i diritti e lo stile di vita delle persone interessate direttamente o indirettamente dall’infezione. E’ essenziale che tali implicazioni, e in maniera particolare i pregiudizi e lo stigma immotivato, siano specificamente affrontate e combattute mediante interventi diversificati e con l’integrazione di strategie e strumenti in grado di agire in profondità nell’ambito del contesto socio-culturale della popolazione.

I programmi di prevenzione della trasmissione materno-infantile dell’infezione da HIV

Prevenzione mamma
I bambini malati nel Mondo
Secondo i dati del WHO, a livello globale vi sono 1,8 milioni di bambini (al di sotto dei 15 anni) che vivono con l’infezione da HIV, la gran parte dei quali ha contratto l’infezione da HIV nel corso della gravidanza, del parto o dell’allattamento al seno.
Nel corso del 2017 sono stati riscontrati circa 180.000 casi pediatrici di nuova infezione da HIV, principalmente nei Paesi dell’Africa Subsahariana, fortunatamente in netto calo rispetto agli oltre 500.000 riportati nei primi anni 2000 (UNAIDS data 2018).

La situazione in Europa e in Italia

Nei paesi europei il numero dei casi di trasmissione materno-infantile è di gran lunga inferiore: sono stati diagnosticati nel corso del 2017 circa 397 casi, di cui 12 in Italia (HIV/AIDS Surveillance in Europe, Report 2018).
In Italia i programmi di prevenzione della trasmissione materno-infantile dell’infezione da HIV sono stati messi in atto a partire dai primi casi dell’infezione virale (metà anni 80) e implementati nel Piano Nazionale di Interventi contro HIV e AIDS del 2016.

In particolare è stata ribadita la necessità di:

  • interventi di comunicazione attiva riguardo il rischio di trasmissione dell’infezione al nascituro;
  • incentivazione dello screening sierologico per tutte le donne in corso della gravidanza;
  • messa a punto, standardizzazione ed elaborazione di specifiche Linee Guida relativamente ai protocolli di profilassi farmacologica per le donne con l’infezione da HIV durante la gestazione, il parto e l’allattamento;
  • promozione di protocolli gestionali specifici che contemplino un approccio multidisciplinare integrato infettivologo-ostetrico-pediatra, con l’aggiunta eventuale di psicologo e mediatore culturale laddove necessari, al fine di garantire un corretto e completo supporto e controllo della donna gravida e del nascituro relativamente alle problematiche cliniche e psicologiche, anche favorenti un successivo inserimento nel continuum of care.

Nel corso degli ultimi 30 anni i programmi internazionali di prevenzione/informazione hanno consentito una maggiore sensibilizzazione sul rischio di trasmissione materno-infantile e determinato una notevole riduzione negli anni del numero dei casi in Italia di bambini con l’infezione da HIV.

E’ quindi essenziale rinforzare a livello globale le strategie di prevenzione dell’infezione, particolarmente in relazione alla trasmissione materno-infantile.
A tale proposito l’auspicio dell’UNAIDS, l’Organizzazione Intergovernativa delle Nazioni Unite, che effettua annualmente il monitoraggio dell’infezione di HIV/AIDS nel mondo, è di raggiungere pienamente l’obiettivo, pianificato sin dal 2011, di azzerare per il 2030 l’Epidemia da HIV.
In particolare, il “Piano Globale per l’Azzeramento delle Infezioni dei bambini” (Global Plan towards the elimination of new HIV infections among children by 2015) e il Network “Start Free Stay Free AIDS Free” puntano al raggiungimento già per il 2020, su scala globale, di una generazione “AIDS free” nella fascia di età tra 0 e 24 mesi.

A tal fine è necessario che a livello globale vengano utilizzate tutte le risorse (umane, culturali ed economiche) affinché tutte le donne abbiano la possibilità di:

  • Accedere liberamente a tutti gli strumenti per la prevenzione dell’infezione;
  • Essere coinvolte attivamente nei programmi di screening prima o durante gravidanza;
  • Accedere liberamente alle cure per l’infezione e ai protocolli terapeutici per prevenire la trasmissione del virus HIV al figlio.


Esistono, infatti, protocolli terapeutici standardizzati che, consentono di prevenire la trasmissione del virus nel corso della gravidanza.
Questi protocolli sono largamente utilizzati nei Paesi Occidentali, inclusa l’Italia, ma non sono ancora disponibili per una larga fascia di popolazione nei Paesi dell’Africa, del Sudest Asiatico e dell’America Latina, per motivi economici e socio-culturali, in contesti che spesso limitano il ruolo e i diritti della donna nella comunità.
Solo il pieno raggiungimento di questi obiettivi a livello globale potrà evitare che continuino a nascere bambini con l’infezione da HIV e che le donne HIV+ siano in grado di sostenere la crescita e l’educazione dei figli.

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