Uniti contro l'AIDS

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Ultimo aggiornamento

  • 28 settembre 2020

Misurazione della riserva virale, le novità sull'HIV

Sono stati recentemente proposti criteri aggiornati per la valutazione dell’efficacia della terapia antiretrovirale e della persistenza della riserva virale nelle persone con infezione cronica da HIV.
Un gruppo di ricercatori coordinati dal Wistar Institute (Philadelphia, USA) ha elaborato e pubblicato sulla rivista Nature Medicine delle Raccomandazioni per la misurazione dell’entità della riserva virale nell’ambito di studi clinici mirati a sperimentare l’efficacia di terapie combinate contro l’HIV. 
Allo stato attuale la gran parte dei trial sperimentali utilizza come prova di efficacia antivirale non solo la misurazione dell’HIV RNA nel plasma, ma anche, quella dell’HIV DNA virale nei linfociti periferici ottenuti da prelievo di sangue venoso.
Questa metodologia è scientificamente adeguata per identificare la presenza di virus latente nelle cellule che costituiscono la riserva virale.
Tuttavia, la percentuale di linfociti del sangue che contiene il virus (in forma latente) è molto bassa e il numero di cellule ottenibili da un prelievo di sangue periferico potrebbe risultare statisticamente non sufficiente per la reale caratterizzazione della “riserva virale”.
Questa, infatti, è localizzata prevalentemente in altri distretti periferici quali linfonodi e tessuto linfatico mucosale (tonsille, tessuto intestinale) che spesso non vengono analizzati nelle procedure sperimentali.
A tale scopo le raccomandazioni proposte intendono armonizzare e standardizzare le metodologie per la valutazione del DNA virale nelle cellule e gli intervalli di tempo per la raccolta dei campioni.
Viene in particolare suggerito di implementare l’utilizzo di diversi tessuti linfatici periferici quali linfonodi e tessuto linfatico mucosale.
Relativamente al sangue, viene anche proposto, quando praticabile, di fare ricorso alla procedura della leucaferesi che consente la disponibilità di un maggiore numero di linfociti periferici, con una maggiore probabilità di caratterizzazione delle cellule contenti il virus in forma latente.
Una maggiore capacità di identificare lo stato della riserva virale nell’infezione cronica da HIV potrà, in prospettiva, consentire l’identificazione di combinazioni di farmaci in grado di mobilizzare il virus dalla riserva, principale ostacolo all’azione dei farmaci antivirali ed eradicare in maniera definitiva l’infezione dall’organismo.
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