Uniti contro l'AIDS

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Ultimo aggiornamento

  • 15 novembre 2021

Dimezzate nel 2020 le nuove diagnosi di HIV, numero condizionato dalla pandemia

Nel 2020, sono state segnalate 1.303 nuove diagnosi di infezione da HIV, un numero ancora più ridotto rispetto ai casi già in progressiva diminuzione osservati negli ultimi dieci anni.
“Rispetto al 2019 – riferisce la dr.ssa Suligoi, responsabile del Centro Operativo AIDS dell’ISS - il numero di nuove diagnosi HIV del 2020 è quasi dimezzato e questo è molto probabilmente da ricondurre alla pandemia da Covid-19.
I motivi possono essere molteplici, ma i dati a disposizione non sono ancora in grado di consentire interpretazioni chiare: solo nei prossimi anni, analizzando i futuri andamenti epidemiologici, si potranno valutare più adeguatamente i fattori che hanno contribuito a questa riduzione”.
L’incidenza, ovvero il verificarsi di nuovi casi, osservata in Italia è stata inferiore rispetto all’incidenza media osservata tra le nazioni dell’Unione Europea (2,2 vs. 3,4 nuovi casi per 100.000 residenti).
La quasi totalità dei casi (88%) è da attribuire a rapporti sessuali: maschi che fanno sesso con maschi (MSM) per il 46% e rapporti eterosessuali (maschi e femmine) per il 42%.
Tra i maschi, più della metà delle nuove diagnosi HIV ha rapporti con maschi.
La fascia d’età 25-29 anni è quella più colpita dall'infezione, più che doppia rispetto all’incidenza totale (5,5 vs. 2,2 nuovi casi per 100.000 residenti).
“Purtroppo – continua la dr.ssa Suligoi - 6 su 10 nuove diagnosi di HIV vengono identificate in ritardo, cioè in persone con una situazione immunitaria gravemente deficitaria (CD4<350 cell/µL) o addirittura già con sintomi di AIDS.
Questo ritardo pregiudica l’efficacia delle terapie antivirali, necessarie a tenere sotto controllo l'infezione.
Infatti, mentre una terapia antivirale iniziata in fase precoce di infezione e in una persona giovane consente una qualità ed un’aspettativa di vita analoghe a quelle di una persona senza HIV, una diagnosi tardiva e quindi un inizio tardivo di terapia riduce le probabilità di successo della stessa”.
Inoltre, le persone con diagnosi tardiva possono aver involontariamente trasmesso l’HIV ad altre persone, contribuendo così ad alimentare un ‘sommerso’ di casi non ancora diagnosticati che in Italia si aggira intorno alle 13.000-15.000 persone.
È evidente come la percezione sulla circolazione dell’HIV sia molto bassa nella popolazione generale e in particolare tra i giovani.
Attualmente è fondamentale invitare le persone che si fossero esposte ad un contatto a rischio, in particolare nell’ultimo anno e mezzo, ad effettuare un test HIV: questo periodo di restrizioni da Covid-19 può aver impedito o scoraggiato molte persone a recarsi presso le strutture sanitarie dedicate.
In questo senso risultano estremamente utili le iniziative per effettuare il test HIV in sedi extraospedaliere ed informali, quali check-point, laboratori mobili, test in piazza, test rapidi, che eliminano le remore o la vergogna di rivolgersi ad una struttura sanitaria.
Conclude la dr.ssa Suligoi “Ricordiamo che dal 22 al 29 novembre si terrà la Settimana Europea per i test HIV ed epatiti virali, con iniziative gratuite di test in tante città italiane: un’occasione per fare il test HIV senza stress” 
Come proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità il nostro obiettivo comune è terminare l’epidemia di AIDS per il 2030!


Fonte: Ufficio Stampa Istituto Superiore di Sanità

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