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AIFA - Nuovi criteri per il trattamento dell'Epatite C

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha ridefinito i criteri per il trattamento dell’Epatite C cronica in Italia, nell’ambito del Piano nazionale di eradicazione dell’infezione da HCV messo a punto dal Ministero della Salute.

Tali criteri si rendono necessari al fine di consentire un adeguato e appropriato trattamento alle persone che vivono con Epatite C sulla base del quadro clinico dell’infezione e delle risorse a disposizione delle Regioni, in relazione al Sistema Sanitario Nazionale. Oggi, infatti, sono disponibili numerosi farmaci di nuova generazione contro l’Epatite C (definiti Direct Acting Antiviral – DAA) che risultano efficaci nel contrastare la replicazione virale, in presenza di limitati effetti collaterali, ma che presentano costi rilevanti. Le risorse a disposizione del Sistema Sanitario Nazionale non consentono alle Istituzioni di fornire i farmaci di ultima generazione a tutte le persone con l’infezione cronica da HCV in Italia, che si stima siano comprese tra 1 e 2 milioni. Si è reso quindi necessario mettere a punto dei criteri “di priorità clinica” per consentire il trattamento efficace primariamente alle persone con gravi complicazioni dovute all’infezione cronica.

Nello specifico, sono stati delineati dalla Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA, in collaborazione con il Ministero della Salute e le Società scientifiche attivamente coinvolte nella ricerca e gestione delle Epatopatie, 11 criteri classificati in relazione all’entità del danno a carico del fegato, dei reni e di altri organi.
Questi 11 criteri rappresenteranno il punto di riferimento per i Centri Prescrittori individuati dalle Regioni e consentiranno di trattare, sulla base delle risorse ordinarie e di quelle straordinarie messe in campo dal Ministero della Salute, presumibilmente circa 240mila persone in tre anni. 
L’allargamento del numero delle persone potenzialmente trattabili in base ai nuovi criteri non sarà comunque probabilmente sufficiente a fornire le cure adeguate a tutte le persone con l’infezione cronica, gran parte delle quali dovranno presumibilmente sottoporsi al regime terapeutico ordinario a base di interferone-alfa o procurarsi i farmaci DAA in Paesi come l’India dove i costi sono assai più contenuti.

Ma, per un Paese come l’Italia, appare infatti poco praticabile fare ricorso allo strumento della "licenza obbligatoria" che permette a uno Stato, in situazioni di emergenza per la salute pubblica, di far produrre sul territorio nazionale, a prezzi contenuti, il farmaco in forma di “generico”, con il pagamento di diritti modici alle compagnie produttrici titolari dei brevetti.

E’ comunque rilvante che lo Stato si sia fortemente attivato al fine di consentire, nei limiti della sostenibilità economica, la fornitura ad un’ampia platea di persone, di farmaci in grado di contrastare efficacemente l’infezione cronica da Epatite C, prevenendo o limitando marcatamente le gravi conseguenze a carico del fegato e di altri organi, che hanno un costo rilevante in termini sanitari ed economici, a livello del singolo individuo e della collettività.
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