Uniti contro l'AIDS

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Ultimo aggiornamento

  • 3 aprile 2020

Farmaci per l'HIV e COVID-19

Nell’ultimo periodo, tra le problematiche che stanno emergendo in relazione alla pandemia da COVID-19, risulta rilevante, soprattutto tra le persone che vivono con l’HIV, la preoccupazione delle possibili conseguenze di tale infezione, nonché l’interesse per la notizia che farmaci antiretrovirali vengono impiegati in alcuni protocolli terapeutici contro il COVID-19.

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), allo scopo di favorire l’accesso alle terapie potenzialmente disponibili contro il COVID-19, ha recentemente autorizzato l’inserimento, tra i farmaci utilizzabili off-label (al di fuori di indicazione precisa) e a carico del SSN (in deroga alla legge 648/96) alcuni medicinali per uso ospedaliero o domiciliare contro il nuovo virus.

Tra questi farmaci figurano:
  • clorochina, idrossiclorochina, antimalarici con documentata attività contro i coronavirus;
  • lopinavir/ritonavir e, in subordine, darunavir in combinazione con cobicistat o ritonavir: farmaci utilizzati per il trattamento dell’infezione da HIV e utilizzati, in combinazione con altro farmaci in casi di infezione da coronavirus (SARS, MERS e SARS CoV-2);
  • remdesvir, antivirale, solo nell’ambito sperimentazioni cliniche in studi clinici randomizzati autorizzati in soggetti con malattia COVID-19 moderata o severa e anche tramite la fornitura per uso compassionevole in soggetti gravi, ricoverati in terapia intensiva;
  • tocilizumab, anticorpo monoclonale attualmente autorizzato per il trattamento di differenti forme di artrite reumatoide e della sindrome da rilascio di citochine, allo scopo di effettuare studi sperimentali in ambiente ospedaliero su casi di COVID-19 con compromissione polmonare.

Relativamente ai farmaci già in uso contro l’HIV (lopinavir/ritonavir, darunavir, cobicistat o ritonavir), non vi sono comunque allo stato attuale evidenze definitive della loro efficacia contro il COVID-19.
In alcune aree del mondo, in primo luogo in Cina ma, anche in Italia e  in altri paesi, questi farmaci sono stati sperimentati con moderato successo in combinazione con altri farmaci (ribavirina, colchicina o remdesvir), soprattutto in casi clinici con compromissione polmonare. Vi sono, comunque, anche evidenze recenti di scarsi risultati clinici sull’utilizzo dell’associazione lopinavir/ritonavir.

Allo stato attuale, come sottolineato anche dalla Società Clinica Europea per l’AIDS (EACS), non vi è alcuna indicazione per un cambio della terapia antiretrovirale nelle persone con infezione cronica da HIV, tanto meno per l’utilizzo preventivo della PrEP.
Infatti, laddove la terapia consenta un adeguato mantenimento della funzionalità del sistema immunitario, le persone HIV-positive non presentano un rischio superiore alla popolazione generale relativamente alle conseguenze dell’infezione da COVID-19.
Non bisogna comunque trascurare, in tale fascia di popolazione, la possibile presenza di patologie a carico del sistema cardiovascolare e respiratorio, del fegato o della funzione renale, che potrebbero determinare un aggravamento del decorso di un’eventuale infezione da COVID-19, come documentato per le persone HIV-negative. E’ quindi importante che le persone che vivono con l’HIV, anche se in trattamento efficace, tengano sotto controllo eventuali patologie sistemiche o organo-specifiche e, come il resto della popolazione, mantengano un’adeguata prudenza nell’interazione con persone potenzialmente affette da infezioni a carico dell’apparato respiratorio, come quella da COVID-19.
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