Uniti contro l'AIDS

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Uniti contro l'AIDS

Novità dalla Conferenza Mondiale AIDS 2021

Si è svolta anche quest’anno dal 18 al 21 luglio la Conferenza Mondiale della Società Internazionale AIDS (IAS), ovviamente in modalità virtuale in conseguenza delle limitazioni imposte dalla pandemia da COVID-19. Ciò nonostante, vi è stata una notevole partecipazione da parte di ricercatori, professionisti sanitari e persone impegnate in ambito sociale, risultando ancora una volta un’importante occasione per il confronto e la valutazione delle innovazioni in ambito scientifico, terapeutico e sociale.
Nel corso della Conferenza sono state affrontante molte tematiche anche in relazione all’emergenza da COVID-19 e alle implicazioni delle infezioni opportunistiche. Tra i dati più rilevanti si possono sottolineare:
  • Le gravi limitazioni sociali imposte dalla pandemia da COVID-19 hanno avuto, in molti paesi del mondo, rilevanti effetti sulla diffusione dell’infezione in seguito alla riduzione delle campagne educativo-informative, dell’opportunità di screening e della disponibilità di profilattici e di farmaci antivirali. La convivenza forzata in ambito familiare ha inoltre aumentato la frequenza di violenza domestica e incrementato i casi di trasmissione di HIV ed altre infezioni per via sessuale tra partner e familiari. Le organizzazioni internazionali e le associazioni non-profit stanno elaborando strategie per ripristinare, particolarmente nelle aree più disagiate, le procedure per la prevenzione e la cura dell’HIV/AIDS e di altre patologie infettive rilevanti (Epatiti B e C, Malaria, Tubercolosi) al fine di non vanificare i risultati degli interventi degli ultimi 30 anni.

  • Secondo uno studio commissionato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, le persone con l’infezione da HIV rimangono, a prescindere dallo stato immunologico, a maggiore rischio di contrarre le forme gravi di COVID-19 con maggiore probabilità di ricovero ospedaliero e complicazioni mortali. Su questa base è stato allestito un documento in cui si ribadisce che le persone con HIV dovrebbero avere, a livello globale, la priorità per la vaccinazione e un’adeguata disponibilità di farmaci antivirali per prevenire l’immunodeficienza.

  • La Profilassi farmacologica pre-esposizione (PrEP) viene utilizzata con sempre più maggiore frequenza anche nei Paesi dell’Africa Subsahariana. Nonostante risulti consolidata l’efficacia di questa strategia preventiva, sono aumentate le segnalazioni di infezioni associate al fallimento della PrEP.  Sia pure la gran parte di questi casi risulti in conseguenza di inadeguata aderenza terapeutica, per incostanza o indisponibilità del farmaco, vi è un rilevante numero di casi in cui il fallimento della PrEP è stato riportato nonostante la corretta assunzione della terapia. Risulta quindi necessario effettuare opportune indagini sull’efficacia della PrEP in base alla carica virale di esposizione e al possibile sviluppo di mutazioni virali in grado di conferire resistenza ai farmaci. A tale fine viene inoltre raccomandato, per tutte le persone, un puntuale monitoraggio del trattamento preventivo e un’adeguata informazione nel momento della prescrizione.

  • I trattamenti con due farmaci antivirali di diversa tipologia (inibitori della trascrittasi inversa e della integrasi virale) risultano efficaci al pari di quelli con tre farmaci. Sono sempre più disponibili, inoltre, formulazioni che consentono un’unica somministrazione giornaliera, con notevole impatto sull’aderenza ed efficacia terapeutica.

  • L’efficacia del trattamento con due farmaci a lunga durata di azione (cabotegravir e rilpivirina), da assumere per via intramuscolare ogni 1 o 2 mesi, risulta consolidata anche se non ancora disponibile su larga scala e non adeguatamente preso in considerazione da molte strutture. Nel corso della pandemia da COVID-19 questa modalità di trattamento è risultata in aumento negli Stati Uniti e vari paesi Europei, consentendo una congrua riduzione degli accessi alle strutture sanitarie. 
    È, inoltre, in sperimentazione, con risultati incoraggianti, un trattamento antivirale basato su un solo farmaco (lenacapavir) da assumere tramite due sole iniezioni all’anno, e che potrebbe in prospettiva ridurre la frequenza di accessi alle strutture cliniche e favorire l’aderenza terapeutica.

  • Sono stati confermati, in studi con larga casistica, i maggiori rischi di patologie a carico di vari organi, particolarmente sul sistema cardiovascolare, nelle persone in trattamento a lungo termine con terapia antivirale. Risulta pertanto necessario, per tutte le tipologie terapeutiche adoperate per il controllo dell’infezione, un adeguato monitoraggio della funzionalità dei principali organi in stretta collaborazione con medici specialisti in differenti settori, quali cardiovascolare, internistico, neurologico e dell’apparato locomotore.

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